Blefaroptosi

Blefaroptosi

Si tratta di un abbassamento della palpebra superiore, che può essere monolaterale o bilaterale. Di conseguenza si ha una riduzione dell’apertura dell’occhio con difficoltà a mantenere le palpebre aperte. Per compensare il paziente tende ad alzare la fronte e ad inarcare le sopracciglia.

La causa della blefaroptosi può essere per differenti motivi, può essere congenita quando presente dalla nascita per una malformazione, miogena per affezioni puramente muscolari (come la miastenia gravis), neurogena quando si ha un difetto dell’innervazione del muscolo che eleva la palpebra, aponeurotica quando si ha un rilassamento del tendine di questo muscolo ed è generalmente legata all’età, meccanica quando si ha una vera e propria lesione palpebrale e, infine, la pseudoptosi che comprende patologie che simulano l’abbassamento della palpebra come anche la blefarocalasi!

Molte persone confondono la ptosi palpebrale con la blefarocalasi, ovvero il fisiologico rilassamento del tessuto palpebrale, ma sono 2 condizioni cliniche differenti. Con il progredire dell’età, tanti pazienti presentano una sovrabbondanza di cute a livello palpebrale: questa cute forma una plica, una piega, che sopravanza il bordo palpebrale simulando una ptosi.

La differenza, però, è che in questi casi non è il bordo palpebrale abbassato, ma in realtà questa cute in eccesso che scende oltre al bordo e che può essere efficacemente eliminata con una blefaroplastica. Questo genere di intervento non è sempre e solo di natura estetica: nei casi in cui l’eccesso di cute palpebrale limita il campo visivo, causando quindi un danno funzionale, infatti, si considera un intervento erogabile tramite il servizio sanitario nazionale.

Mi capita spesso di vedere casi di blefaroptosi trattati mediante una blefaroplastica superiore senza risolvere il problema. La blefaroplastica è l’intervento che consiste nel rimuovere l’eccesso cutaneo che supera il bordo ciliare e di rimuovere eventuali borse adipose più rappresentate del normale, condizione che si definisce dermatocalasi palpebrale o blefarocalasi.

La visita deve essere molto accurata e prevede delle misurazioni come la MRD (Margin Reflex Distance) ossia la distanza tra il riflesso luminoso corneale e il margine della palpebra superiore; l’escursione della posizione palpebrale nello sguardo in alto e in basso per quantificare il deficit di funzione muscolare e inoltre il test per la valutazione della funzionalità del muscolo di Muller (un muscolo che si trova al di sotto del muscolo elevatore della palpebra e regolato dal sistema ortosimpatico) ed escludere una condizione neurogena che prevede un intervento diverso.

La ptosi palpebrale può essere completa quando l’occhio risulterà completamente chiuso mentre nell’incompleta residuerà una certa apertura della palpebra. Può essere moonolaterale/bilaterale e simmetrica/asimmetrica. Nella maggioranza dei casi la ptosi è asimmetrica con interessamento di un solo occhio o di entrambi gli occhi ma con grado di severità differente.

La gravità dell’abbassamento palpebrale:

  • lieve: minore di 2 mm
  • moderato: compreso tra 2 e 4 mm
  • severo: maggiore di 4 mm

Per la cura della ptosi palpebrale spesso non esiste trattamento alternativo a quello chirurgico, svolto in regime di day hospital e con la necessità della sola anestesia locale.
L’obiettivo dell’intervento chirurgico dipende dall’agente causale della ptosi palpebrale e dal grado di funzionalità residua del muscolo elevatore della palpebra superiore, ma si distinguono sostanzialmente tre possibili approcci:

  • Plicatura o reinserzione dell’aponeurosi del muscolo elevatore sul piatto tarsale: tale intervento si effettua qualora il test della fenilefrina risulti negativo ed il muscolo elevatore della palpebra superiore conservi una buona funzionalità ( maggiore di almeno 6 mm)
  • Sospensione della palpebra al muscolo frontale: tale intervento si effettua quando l’attività residua del muscolo elevatore della palpebra superiore è scarsa (inferiore a 6 mm)
  • Mullerectomia: si effettua nei casi in cui il test della fenilefrina esca positivo.

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